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Così come gli anni precedenti, anche questo è caratterizzato dalla continua voglia di imparare e confrontarsi.
Questa volta siamo volati a Barcellona per il rinomato OFFF 2018, evento di 3 giorni tenutosi presso il Museu del Disseny a Barcellona il 24, 25 e 26 maggio.

Conoscere e confrontarsi con nuovi creativi pieni di talento è sempre una grande fonte d’ispirazione!

Come ogni edizione dell’OFFF il main title video non delude!

Ma ora bando alle ciance e iniziamo!

 

 

Day 1

Iniziamo la prima giornata di festival con Petra Eriksson, illustratrice nata a Stoccolma e attualmente a Barcellona.
Petra fin da subito racconta com’è arrivata fino a qui, dagli studi fino alla definizione di un proprio stile grafico distintivo.
Dopo gli studi in fine arts, i quali le hanno fornito una certa preparazione nel disegno, ha iniziato a lavorare presso Casumo, dove ha maturato uno stile grafico più “commerciale” orientato all’illustrazione digitale. A seguito di questa esperienza è riuscita a “mixare” un background più classico a una visione più moderna, arrivando così al proprio stile grafico ben riconoscibile.

Tra i più noti lavori di questa grande artista vi è sicuramente Bygone Badass Broads: 52 Forgotten Women Who Changed the World: un libro che presenta 52 donne straordinarie e dimenticate da tutto il mondo. Con storie di eroismo e astuzia, biografie approfondite e argute narrazioni, Bygone Badass Broads dà nuova vita a queste valorose donne che si sono distinte nella storia. A partire dal V secolo a.c. e continuando fino ai giorni nostri, il libro dà uno sguardo più ravvicinato a donne audaci e stimolanti che hanno osato uscire dai tradizionali ruoli di genere del loro tempo. Complici le illustrazioni avvincenti e lo stile di narrazione umoristico e conversazionale di Lee, questo libro è una celebrazione assoluta delle donne “testarde” che hanno aperto la strada all’emancipazione del genere femminile.

Ma come opera Petra Eriksson quando gli viene commissionato un lavoro?
Innanzitutto dovete sapere che non va proprio d’amore e d’accordo con gli Art Director: «Vogliono sempre avere ragione» – racconta ridendo – e come darle torto effettivamente!
«Cambiano continuamente idea» – aggiunge – per questo motivo quindi il lavoro viene meticolosamente diviso in più step, in questo modo ad esempio si passerà alla seconda fase solo una volta approvata la prima, e così via.

Il brief da parte del cliente dev’essere molto preciso e dettagliato, per garantire il risultato desiderato.

Si procede quindi con i primi schizzi preliminari:

per poi arrivare alla fase definitiva dell’illustrazione.

Secondo l’illustratrice svedese il segreto nel nostro lavoro sta proprio nell’uscire dalle proprie confort zone, abbandonare i porti sicuri e lanciarci in quello che ci va.
Senza preoccuparsi troppo.

Un altro prezioso consiglio, che già da tempo abbiamo deciso di adottare anche all’interno di Be.Family è:

DARE TO SAY NO!

Nel nostro lavoro a volte rifiutare una commessa può essere difficile. Per alcuni clienti è inconcepibile l’idea di non poter accettare un lavoro per mancanza di tempo o altro, ma a volte è proprio così ed è necessario mostrare fermezza e dire NO. Il rischio, infatti, è quello di andare in pezzi e non avere più tempo per la propria vita privata e le proprie passioni.
Abbiamo la fortuna di amare il nostro lavoro, perché arrivare al punto di odiarlo?

Ma ciò che è più importante è continuare sempre a sperimentare cose nuove e collaborare con altri creativi e circondarsi di persone che ci ispirino.

KEEP EXPLORING AND CELEBRATE WHAT YOU DO!

 

Tom Muller

A differenza dei Digital Design Days di Milano, purtroppo, qui le conferenze avvengono anche simultaneamente in sale differenti, pertanto risulta difficile assistere a tutti i talk, vedi il caso di Tom Muller. Nonostante questo, quel poco che sono riuscito ad ascoltare mi è stato davvero d’ispirazione.

Per chi non lo conoscesse, Muller è un graphic designer che opera globalmente. Lavora su più discipline, tra cui identità visiva e branding, motion graphic e illustrazione. Il suo studio si è costruito una reputazione internazionale soprattutto per la tipologia di lavori moderni, basati su idee forti e concetti unici per clienti e marchi nei settori dell’intrattenimento e dell’editoria.

I fumetti di X-Men e Suicide Squad sono solo alcuni dei progetti editoriali seguiti da Tom Muller.

Il suo modo di progettare è differente rispetto a quello di altri illustratori, poiché crea un vero e proprio Design System anche per gli elementi contenuti all’interno delle graphic novel.

Mi spiego meglio: per garantire una coerenza tra i differenti numeri delle pubblicazioni, Tom crea vere e proprie librerie di elementi modulari che consentono di adattarsi al contenuto ma essere sempre e comunque riconoscibili, come ad esempio i box presenti in alcune pagine dei fumetti che permettono di spiegare meglio la scena o aggiungere dettagli.
In questo modo è come se si creasse una sorta di UI sempre riconoscibile e coerente anche sui supporti cartacei.

 

Mucho

Senza dubbio lo studio che più mi ha colpito di questa edizione di #OFFF18.

Vediamo solo ciò in cui crediamo, vediamo ciò che per noi ha senso.
Nel suo articolo, Pancho Tolchinsky afferma che tutto ciò che vediamo è un’allucinazione controllata.
Questo il tema del libro che Mucho ha curato e progettato per OFFF Barcelona 2018.

A volte non riusciamo a vedere cosa c’è proprio davanti ai nostri occhi.
Per citare un caso comune, è come quando le chiavi della macchina sul tavolo del corridoio diventano invisibili proprio quando ne hai più bisogno. Come in un thriller molto brutto, la breve spiegazione di questo mistero è che non vediamo la realtà, la immaginiamo: fino a poco tempo fa, la neuroscienza sosteneva che le nostre percezioni ci aiutano a cogliere tutti gli input, a elaborarli in modi molto sofisticati e successivamente ci permettono di disegnare la nostra versione di ciò che accade fuori.
Secondo prove più recenti, tuttavia, questo non è affatto ciò che sta accadendo.
Non stiamo reagendo agli stimoli esterni, in realtà li stiamo prevedendo. In altre parole, le tue percezioni stanno immaginando il mondo futuro che stai per incontrare.
Questo è il motivo per cui ci sembra di vedere davvero le cose come sono. Ma è un’illusione. È quello che il filosofo Merleau-Ponty, a cui si deve il titolo di questo libro, chiama “perceptual faith“.
Ma la percezione è tutt’altro che infallibile, e in questo progetto editoriale Mucho ne indaga le diverse aree.

Viviamo secondo le nostre previsioni
Possiamo solo vedere ciò che ci aspettiamo di vedere

Il tuo amico ti ha prestato la sua macchina per ritirare i tuoi genitori dall’aeroporto. Prendi le chiavi, sali in macchina e oh! Il buco della serratura non è esattamente dove ti aspettavi. Non è un grosso problema: sai in qualche modo dove potrebbe essere e in effetti lo trovi. Inserisci la chiave e avvii il motore. Con un senso di aspettativa, aspetti di vedere che tutto è a posto. Ok, ora è il momento di fare retromarcia. «Come si inserisce la retromarcia in questa macchina?» «Ok, fatto». Sei fuori dal parcheggio ma ti senti ancora un po’ ansioso mentre cerchi di tenere la macchina sotto controllo. Boom! Hai premuto il pedale del freno e la macchina si è fermata completamente. Premi nervosamente l’acceleratore sperando che l’auto dietro di te non ti venga addosso. Fortunatamente ora non ci sono più sorprese e, a poco a poco, inizi ad abituarti alla guida di quella macchina. La tensione iniziale si sta lentamente sciogliendo. I tuoi orizzonti si sono espansi e il mondo è diventato di nuovo prevedibile.

Senza previsioni saremmo più simili al plancton, in balia delle maree e delle correnti del mare. Animali come noi, in grado di mostrare una gamma così sofisticata di comportamenti, si affidano fortemente alle loro ipotesi. Pensateci: ha senso essere sorpreso se non stai facendo previsioni? In questo momento, ad esempio, probabilmente nulla intorno a te è così sorprendente, oltre a questo articolo, ovviamente. Non perché il mondo intorno a te non ha nulla con cui sorprenderti, piuttosto perché tutto rientra esattamente nelle tue previsioni.

Senza concetti siamo ciechi

Quindi viviamo secondo le nostre previsioni, ma significa che stiamo vedendo il futuro?
Non è così, ma sì, in un certo senso, lo facciamo.

All’improvviso un suono sistematico e ripetitivo sullo sfondo scompare ed è solo allora che ti rendi conto che era lì da sempre. Come quando in pausa pranzo ti addormenti sul divano, mentre i tuoi colleghi stanno parlando, ma nel momento in cui cercano di riprenderti tutti si zittiscono e ti svegli perché non senti più suoni.
Non sei stato colpito dalla presenza di un nuovo suono ma dalla sua improvvisa assenza.

L’assenza inaspettata di un input è percettivamente prominente come ogni evento concreto. Ciò che cattura la nostra attenzione non sono gli stimoli in quanto tali, tanto quanto una discrepanza tra gli input previsti e quelli in arrivo. Ogni volta che c’è una tale discrepanza, il tuo cervello lancia un errore di predizione.

 

Che cosa vedete in questa immagine?

Se quanto detto fino ad ora è giusto possiamo solo percepire ciò che il nostro cervello, utilizzando tutte le sue esperienze passate, è in grado di generare.
Molto probabilmente ora, se non avete “scrollato” senza leggere, vedrete solo macchie che in realtà non hanno alcun senso particolare per voi.
La classificherete come un’immagine astratta, provando ad interpretarla con la vostra immaginazione. Ma mentre voi vi godete tutto questo “astratto”, nelle parti più alte del vostro cervello stanno lavorando come matti, facendo ogni tipo di ipotesi per fornirvi qualcosa di utile, qualcosa di meno astratto.

Tutto ciò che ottengono in cambio, tuttavia, è una raffica di errori di predizione provenienti dalle parti inferiori del cervello. Se questo è vero, allora in questo momento siete esperienzialmente ciechi. Il vostro cervello non può fornirvi nulla di utile viste le esperienze a cui siete stati esposti.

 

Per favore, godetevi questo momento.

Una volta rivelata l’immagine nascosta, è molto probabile che non sarete più in grado di tornare indietro e rivivere nuovamente questa libertà.
Vai, andate a vedere l’immagine nascosta ora. Siate schiavi delle vostre esperienze, ancora una volta.

Ora quell’immagine precedentemente astratta dovrebbe apparire un po’ più concreta. La vostra esperienza di percezione è cambiata: quello che vedete ora ha senso per voi.
E questo perché l’immagine nascosta ha cambiato il vostro cervello modificando il focus dei vostri neuroni. Mentre prima il cervello poteva fornire solo macchie e triangoli, ora può restituire una forma chiara e significativa. Quindi, congratulazioni, non siete più ciechi dall’esperienza. Siete i proprietari di un nuovo concetto che ha reso visibile ciò che prima era invisibile.

Nella comunicazione, proprio perché vediamo quello che conosciamo, abbiamo iniziato ad associare alcuni elementi a determinate situazioni.
“Sotto” e “sopra” ad esempio sono ben legati al concetto di “bene” e “male”, “buono” e “cattivo”: il sotto nasconde sempre pericoli e insidie, mentre il sopra rappresenta il bene, la salvezza.
Ed è così perché le nostre esperienze ce l’hanno insegnato.

Allo stesso modo il “dentro” e il “fuori” sono rispettivamente associati a figure di “male” e “bene”:

Dentro = Cattivo
Fuori = Buono

Quindi, perché vediamo così tanto sulla base di così poco?
Perché immaginiamo il mondo intorno a noi attraverso le nostre esperienze.

Perché siamo così ciechi?
Perché immaginiamo il mondo intorno a noi attraverso le nostre esperienze.

Senza dubbio l’intervento che più mi ha aperto la mente.

 

SmartSkin

Tra uno speech e l’altro ho approfittato anche per fare un tatuaggino: ho testato SmartSkin, un rivoluzionario tatuaggio elettronico creato dalla Elisava Design School.
Si tratta di un dispositivo ultrawearable temporaneo e non invasivo che un giorno semplificherà al massimo il modo in cui le persone interagiscono con i sistemi globali di dati.
Posizionando il tatuaggio su appositi lettori, infatti, è possibile trasmettere le informazioni in esso contenute. In questo caso si trattava solo di un numero di serie che attestava il mio passaggio in quel determinato spazio, ma un giorno potrebbe essere la carta d’identità o, perché no, la nostra carta di credito.

 

Onur Senturk

Forse qualcuno si ricorderà di lui dopo aver letto il nostro articolo sui Digital Design Days dell’anno scorso. DesignerArt director, ha studiato pittura tradizionale e disegno di figura, seguito da una specializzazione in animazione conclusa con il conseguimento del titolo di Bachelor of Fine Arts. Ha partecipato a diverse mostre internazionali e nazionali con opere sia in stampa che in animazione. Ha diretto Pens per Amnesty International, che ha vinto un Leone a Cannes nel 2014, seguito da altri 13 premi come Clio Awards, LIA, Eurobest, Epica, Shots Awards, Cristal e Art Director’s Club di Parigi nel 2015.

Da Milano a Barcellona l’intervento di Onur non è poi così cambiato, ma ciò che lascia sempre a bocca aperta sono l’umiltà e l’abilità di questo ragazzo nel produrre contenuti video.
Mentre ci mostra il making of di alcuni suoi lavori spiega con una tale naturalezza il processo di progettazione che facilmente si percepisce la “facilità” con cui riesca a produrre simili contenuti.

Di seguito alcune sue produzioni:

 

Day 2

Come potrete immaginare la vita notturna a Barcellona è sempre pronta a tentarti con qualche festa o concerto e gli organizzatori dell’OFFF 2018 lo sanno bene, per questo motivo la mia seconda giornata inizia qui:

Dopo un Americano da mezzo litro sono pronto a tornare nella Roots (la sala conferenze principale) e assistere al primo talk della giornata.

 

Tiffani Jones Brown W/ Dropbox

Posso dirlo? Lo dico! Sono rimasto molto deluso da questo intervento.
Qualche metro fuori dalla sala era presente uno stand di Dropbox, in cui veniva illustrata la nuova funzione Dropbox Paper, un nuovo strumento per lavorare in team sullo stesso documento, anche da remoto. Ed è esattamente di questo che mi aspettavo parlasse Tiffani, che mi spiegasse i vantaggi nell’affidarsi a strumenti come Dropbox, che mi mostrasse qualche caso studio, qualche testimonianza e invece no.

Capisco che il femminismo nel 2018 vada molto di moda, e anzi sento già l’esercito degli indignati marciare verso di me mentre scrivo queste righe, ma la verità è che si sono utilizzate storie toccanti come pretesto per tessere le lodi di un’azienda e del proprio strumento.

Detto questo, abbiamo scoperto che per colpa del lavoro la gente è stressata e grazie a Dropbox si lavora un po’ meno e quindi si riduce lo stress. Grazie 🙂

 

John Evans W/ Facebook Design System

Dopo la pioggia c’è sempre un bellissimo arcobaleno.
Il secondo intervento mi tira decisamente su il morale e torno carico come una molla.

Il Creative Director del tanto amato Social Network ci racconta le logiche di sviluppo e concepimento della UI e UX di Facebook.
Per chi non lo conoscesse, il software con il quale vengono progettati quasi tutti gli elementi dell’applicazione che tanto amate è lo stesso con cui in Be.Family realizziamo mockup e prototipi di siti web e app: Sketch.

Unito al software sviluppato da Facebook – Origami Studio – il team di designer e sviluppatori riesce a realizzare prototipi di interfacce straordinari, ma soprattutto ad una velocità incredibile. Migliorando così continuamente l’esperienza di navigazione degli utenti.

Nel caso non lo sapeste, Facebook mette a disposizione librerie e componenti con cui progettare e realizzare grafiche e applicazioni legate ad esso e potere trovarle tutte QUI.

Parlando dell’App di Facebook ci raccontano come effettivamente quello che viene prodotto è per la maggior parte dei casi un evoluzione di quello che già esiste.
Questo fa riflettere molto sull’effettivo sviluppo di una piattaforma così imponente: spesso ci si aspetta che ogni “aggiornamento”, ogni “restyling” preveda per forza qualcosa di nuovo, mentre non è affatto così. Anche nel nostro lavoro, quando progettiamo siti web, spesso fatichiamo a spiegare come certi risultati si raggiungano passo passo, con il tempo. Non è sempre tutto pronto alla prima release.

Quello che davvero sorprende è come tutto quanto sia magistralmente automatizzato e definito a priori. Non esiste la possibilità che qualcosa sia diverso da tutto il resto, che ci sia un’eccezione nella visualizzazione di un determinato elemento nell’interfaccia. Altezza dei testi, icone, pulsanti e tutto il resto è già stato definito in questo grande sistema.

Tutto ciò mi ricorda molto l’Atomic Design System, su cui scrivemmo un articolo qualche mese fa.

Un altro elemento molto interessante è quello della scelta dei soggetti per i prototipi.
Mi spiego meglio: gli sviluppatori e designer del team di Facebook, sono ragazzi e ragazze come noi, con amici e familiari a cui vogliono bene e per cui vorrebbero sempre il meglio.
Per questo motivo l’azienda di Mark fa sviluppare loro prototipi funzionati di nuove interfacce e funzionalità utilizzando i loro contatti reali all’interno delle demo, così facendo ci si sentirà spinti a progettare nel migliore dei modi.

Di seguito una veloce demo di come viene costruita una view di una delle app più utilizzate al mondo:

 

James Victore

James Victore è un art director, designer e autore americano.
Nel 2010 la sua monografia “Victore o, Who Ofed and Made You Boss?” è stato pubblicato da Abrams Books.

Una figura molto particolare, a metà tra un direttore creativo e un “motivatore”.
Durante il talk ha illustrato una sua campagna dedicata all’incoraggiamento dei ragazzi nelle scuole.

THERE ARE NO FRIENDS, NO ENEMIES, ONLY GOOD TEACHERS.

Sicuramente una personaggio da seguire!

 

Si cambia sala.
E siccome l’effetto dell’Americano da mezzo litro inizia a svanire:

Si, PixartPrinting ha iniziato a fare energy drink.
Purtroppo solo per l’OFFF 2018. Sarebbe bello ad ogni ordine ricevere insieme ai prodotti stampati anche qualche energy drink firmato PixartPrinting.
Complimenti per l’operazione commerciale.

 

Dogstudio

Dogstudio è una carismatica agenzia digitale proveniente dal Belgio.
La loro filosofia si basa sulla convinzione che ci sarà sempre spazio per strategie digitali e prodotti basati sulla qualità.
Vincitori di moltissimi AWWWARDS, operano a Bruxelles, Chicago, Los Angeles, San Francisco, Seattle, San Diego, Paris, Madrid, New York e in molti altri paesi.

Iniziano subito spiegando quale secondo loro è l’elemento chiave nei progetti: l’emozione.

Emozionare il pubblico è l’obiettivo! Probabilmente si ricorderà meglio del vostro progetto.

E bisogna ammettere che ci riescono davvero bene!

Di seguito un progetto realizzato per Opéra Royal de Wallonie: un perfetto mix tra grafica e fotografia. Davvero notevole.

 

Storytelling + Stock Imagery + Composition = Infinite Movie Posters

Altro progetto davvero notevole di Dogstudio è senza dubbio Invisible Narratives, il tema del KIKK Festival del 2017.
KIKK è un festival internazionale dedicato alla creatività e al digital design. Il suo interesse tuttavia risiede nelle implicazioni artistiche ed economiche delle nuove tecnologie.
Di questo progetto è stato raccontato l’intero processo di progettazione, mostrando come attraverso ottimi feedback del cliente l’idea si sia evoluta.

Dalle proposte preliminari, alla grafica definitiva.

 

William Paterson

Il giorno 2 di questo OFFF 2018 si chiude con William Paterson, famoso e talentuoso calligrafo che non vedevo l’ora di ascoltare.
Purtroppo non sempre i talk soddisfano le nostre aspettative e lo stesso è capitato per il nostro amico William, il quale dopo essersi presentato ha spento lo schermo e iniziato a parlare.

«In che senso» vi starete chiedendo?
Avete capito bene. Ha spento lo schermo e non ci ha mostrato nulla.
Sostanzialmente il suo intervento consisteva nel raccontare la sua vita e le sue “sconfitte”, spiegando come queste non l’abbiano abbattuto, ma al contrario gli abbiano dato la forza per reagire e diventare il famoso calligrafo che è oggi.

«Ok sì, bellissimo e davvero commovente, ma io sarei qui anche per vedere i tuoi lavori a capire come li sviluppi.
Insomma, dacci qualche consiglio» – mentre penso queste cose, una signora seduta poco dietro di me lo interrompe e gli chiede di mostrarci qualcosa, dando voce a ciò che tutti noi in quella sala stavamo pensando.

Così ecco che il nostro motivatore Paterson, apre una cartella e mostra una velocissima carrellata di lavori, senza soffermarsi davvero in nessuno di questi e aggiungendo «se volete li trovate tutti sul mio profilo Instagram».

Ok William, l’unica cosa certa è che il mio follow su Instagram non l’avrai mai.

 

Day 3

Ormai inizio ad arrancare, sono sempre più convinto che la movida spagnola sia del tutto incompatibile con i talk di prima mattina.
Tuttavia oggi iniziamo con il botto, nella root si aprono le danze con uno dei software per lo sviluppo di siti più famoso al mondo:

 

Wix

Per chi ancora non ne avesse sentito parlare Wix è un software “drag & drop” che permette di sviluppare facilmente siti web.
Diventato molto popolare negli ultimi anni arrivando all’incredibile cifra di 60 milioni di utenti in tutto il mondo, Italia compresa.

Wix offre grafiche davvero interessanti, pensate per piccoli business, ristoranti, negozi online e artisti come musicisti e fotografi.
Prevedendo inoltre l’ottimizzazione per dispositivi mobili.

Ovviamente non siamo ancora ai livelli di CMS come WordPress, che con i suoi plugin ti permette anche di conquistare il mondo ormai, però può essere arricchito da numerose applicazioni disponibili nel Wix App Market (immaginatelo un po’ l’app store/play store ma dedicato ai plugin).

Wix è disponibile gratuitamente a tempo indeterminato ma questo ovviamente impedisce di utilizzare un dominio personalizzato.
Per questo motivo è possibile scegliere tra uno dei sei piani premium (fino a qualche mese fa erano solo 4) con varianti “Connect Domain”, “eCommerce” o “VIP” che prevede 10 Campagne Email al mese e la “Revisione professionale del sito”.
Ovviamente per chi non è un “addetto ai lavori” queste diciture fanno indubbiamente molta gola e lasciano intendere che il sito che ci si costruirà da soli sarà allo stesso livello di quello creato da un’agenzia.

Tutta questa notorietà si rifletterà anche nella qualità del prodotto? Negli ultimi anni Wix ha fatto passi da gigante, inserendo nuove funzionalità ed elementi grafici, ma fino a che punto arriverà?
Supererà il colosso WordPress e permetterà a tutti di farsi un sito in completa autonomia?
Staremo a vedere!

 

Luke Hayman W/ Pentagram

Questo talk è stato una carrellata di progetti incredibili.
Non servono molte parole, lascerò che le immagini parlino da sé.

 

Marker Park

 

Archtober

L’Archtober (ärk’tōbər) è il mese dell’Architettura e del design di New York.
Un festival dedicato alle attività architettoniche, ricco di workshop e mostre che si svolge durante il mese di ottobre, di cui come potrete facilmente intuire Pentagram ha curato (e continua a curare) l’identità visiva, rinnovandola anno dopo anno.

 

Continuum

Ho apprezzato davvero molto la spiegazione del processo di progettazione: dal brief con il cliente, alle innumerevoli proposte, ai cliché, fino ad arrivare alla proposta finale (ovviamente in pieno stile Pentagram).

Inizialmente viene proposto al cliente solo un semplice restyling di logo, impaginazione di copertina e pagine interne, ma giustamente il committente non si ritiene soddisfatto «Troppo simile all’attuale». Chiaramente è una proposta che viene fatta solo per avere successivamente più “libertà” nella progettazione.

Effettivamente con un tema “vecchio” come l’Accademia di Neurologia è difficile immaginare grafiche giovani e moderne.
Quando la moodboard poi è una cosa del genere, c’è solo da mettersi le mani nei capelli:

Pentagram tuttavia non delude e il risultato finale è strabiliante.

Conoscete i The National?
Se la risposta è «No», rimediate subito!
Non è difficile capire anche dall’anteprima del video sottostante chi abbia curato l’identità della band (sì, anche le band curano la propria identità visiva).

Serve che aggiunga altro?
Dopo l’intervento di Mucho questo è senza dubbio uno di quelli che più mi ha colpito.

La giornata continua con altre perle, ma prima degli ultimi speech mi prendo una piccola pausa a faccio un giro tra i corner Adobe e subito mi improvviso stilista.

C’era la possibilità di stampare i propri artwork su alcuni supporti, tra cui calzini, label per le valigie o portachiavi e ovviamente io ho deciso di lanciare il mio nuovo brand di calzini!
Ammetto che è stata un’attività del tutto inutile (soprattutto perché il tessuto di questi calzini è illegale), ma è stato molto divertente prendersi una pausa in questo modo.

Malika Favre

Il terzo giorno si avvia verso la conclusione con la bravissima Malika Favre.
Malika è un’artista francese con base a Londra.

Il suo stile audace e minimale – spesso descritto come Pop Art incontra OpArt – è una lezione sorprendente nell’uso degli spazi e del colore (positivo/negativo).
Il suo stile inconfondibile l’ha affermata come uno dei più ricercati grafici del Regno Unito. Tra i suoi clienti ricordiamo The New Yorker, Vogue, Sephora, Penguin Books e molti molti altri.

Tra tutti gli artisti di questo OFFF 2018, lei è senza ombra di dubbio quella che ho sentito più affine e in linea con lo stile grafico che da qualche anno cerco di perseguire per Be.Family: illustrazioni semplici e pulite caratterizzate da giochi di colore (sempre gli stessi 3, ovviamente).

Durante il suo intervento Malika sceglie di affrontare un tema molto a cuore per i creativi di ogni generazione: il proprio tempo libero e la gestione dei lavori.
Chiunque scelga questa professione è consapevole che durante la propria carriera lavorativa i giorni liberi scarseggeranno mentre gli straordinari abbonderanno.

Come affrontare quindi il problema secondo lei?
Innanzitutto prendendosi delle pause e successivamente scegliendo con più cura le tipologie di lavori da accettare o meno.

Come noterete nel grafico sopra infatti, lavorando su progetti di cui non si è felici il rischio è che il tempo delle pause dal lavoro diventi sempre più grande e aumenti il sentimento di frustrazione.
Malika spiega il suo scenario ideale, confrontandolo con quello, purtroppo, reale.

Ebbene si, proprio branding & advertising, che sono le attività che più l’hanno resa famosa, sono quelle che lei vorrebbe ridurre.
Sicuramente tutti voi, soprattutto le signorine, ricorderanno alcuni dei suoi incredibili lavori di illustrazione.

 

È l’ora del gran finale:

Stefan Sagmeister

Direttamente da Sagmeister & Walsh arriva sul palco di questo OFFF 2018 uno dei più importanti graphic designer contemporanei.
Noto soprattutto per i suoi manifesti, per le sue copertine di dischi, e per le sue prese di posizione provocatorie.

Durante il talk Stefan ha parlato di tutto, fuorché di graphic design.
Sapevate che ha girato un film sulla felicità?

THE HAPPY FILM

In 45 minuti ha spiegato come negli anni abbia cercato di capire cosa aiuti a raggiungere la felicità e a quanto pare la meditazione funziona molto.

Ma ecco la classifica delle cose che più aiutano a raggiungere la felicità:

Meditazione – 6,7

Terapia – 7,1

Droghe – 8,2

Avete letto bene, secondo Stefan Sagmaister, le droge aiutano a raggiungere il livello di felicità medio più alto.
Inutile dire che il suo intervento sia stato il più assurdo/affasciante di questa edizione di OFFF 2018.

 

Cos’abbiamo imparato quindi in questi 3 giorni a Barcellona tra design e sangria?

 

  • Continuare ad innovarsi e sperimentare paga sempre;
  • uscire dalla nostra comfort zone è necessario;
  • bisogna sempre circondarsi di persone e situazioni che ci aiutino a crescere come persone e come professionisti.

Il prossimo anno ci sarete anche voi all’OFFF Barcelona 2019? Noi siamo già pronti.

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