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Facebook negli anni è diventata una piattaforma social sempre più attenta alle esigenze degli utenti: il feed principale ha visto numerosi cambiamenti, i post delle pagine hanno subìto dei cali di copertura organica mentre i gruppi hanno assunto una valenza importante.


Quanti di voi ricordano l’home di Facebook di quegli anni? Siamo nel 2009.
(Fonte: https://www.weforum.org/agenda/2016/09/facebooks-news-feed-is-10-years-old-this-is-how-the-site-has-changed)

Anche Facebook si adatta.

Perché Facebook ci tiene a stare al passo con ciò che gli utenti desiderano?
Il motivo è molto semplice ed è più o meno sempre quello che guida “la buona riuscita di un progetto digitale”: il fattore tempo. Quanto più tempo le persone sono disposte a trascorrere sulla nostra app o all’interno del nostro ecosistema, maggiore sarà il valore dell’ecosistema stesso.

E, in poche parole, cosa permette agli utenti di spendere più tempo su una piattaforma?
Il fatto che la piattaforma stessa si adegui alle sue esigenze: meno post “a carattere commerciale” e più contenuti delle cerchie che interessano gli utenti, come amici, familiari, persone con cui si entra in contatto per motivi d’interesse.
I gruppi, diventati delle vere e proprie community attorno a un prodotto, un servizio o un tema d’interesse condiviso, costituiscono oggi delle mini piazze digitali in cui gli utenti si scambiano pareri, opinioni e, perché no,  luoghi in cui avvengono dibattiti più o meno accesi. Se da una parte Facebook mette in evidenza i gruppi, dall’altra i gruppi aiutano Facebook ad aumentare il tempo medio trascorso sulla sua piattaforma.

Ancora una volta, cosa comporta un maggior tempo impiegato sul Social Network?
Una maggiore possibilità che gli utenti vengano coinvolti da messaggi pubblicitari a pagamento. Perché se è vero che la piattaforma social nasce con l’intento di avvicinare persone, costruire relazioni e condividere contenuti con chi sta dall’altra parte del mondo, da un’altra angolazione è possibile comprendere come una grande piazza possa essere stimolata con delle ADV mirate.

Fare ADV su Facebook non è qualcosa di semplice, nemmeno di immediato.

Servono competenze, studi e approfondimenti continui che ti consentono di stare al passo con la piattaforma, con i cambiamenti che porta con sé e con i nuovi formati di advertising disponibili per raggiungere le audience di riferimento.
Servono capacità analitiche, di interpretazione dei dati che raccogliamo costantemente per capire dov’è possibile migliorare e quali accorgimenti apportare nel caso il raggiungimento dell’obiettivo di marketing stia costando troppo.

Perché sì, Facebook nasce come piattaforma in cui gli amici di un tempo si ritrovano, ma si configura come strumento fondamentale per permettere alle aziende di interfacciarsi con i propri utenti, siano essi ancora sconosciuti o già clienti dell’azienda stessa.

Nella schermata allegata poco sopra è possibile notare alcuni elementi importanti:

  • la possibilità di inviare Poke (oggi funzione dismessa);
  • un messaggio/invito all’azione da parte di Facebook che ci suggerisce di iniziare a fare advertising sulla sua piattaforma, essendo possibile “Raggiungere 175 milioni di utenti attivi su Facebook”; siamo nel 2009, oggi gli utenti attivi sulla piattaforma sono 2,60 miliardi su base mensile (15 volte tanto il 2009), 1,73 miliardi su base giornaliera (quasi 10 volte tanto, sono passati “solo” 11 anni).
    (Fonte: https://www.oberlo.it/blog/statistiche-facebook).

È semplice comprendere come all’aumentare dell’audience aumentino anche le possibilità per le aziende e relativi advertiser di raggiungere persone in target e coinvolgere le stesse in un processo di acquisizione, cercando di avvicinare gli sconosciuti al proprio brand e trasformare loro in clienti fidelizzati prima, brand ambassador poi.

Perché parliamo del tasto “Metti in evidenza”?
Così come Facebook negli anni è stata una piattaforma molto attenta ai comportamenti degli utenti e di conseguenza abbia aggiornato di volta in volta le funzioni, l’esperienza utente e l’usabilità del proprio sito, così lato advertising ha cercato sempre più di semplificare le procedure che permettono la creazione di una Ad.

Dall’App “Business Suite” di Facebook, infatti, è possibile “Mettere in evidenza un contenuto” della propria pagina in pochi semplici step:

  • Scegli il post che vuoi sponsorizzare scorrendo la Pagina Aziendale Facebook;
  • premi su “Metti in evidenza il post”;
  • scegli obiettivo e un pulsante per una CTA (per i non addetti ai lavori, Call to Action, chiamata all’azione);
  • scegli il pubblico tra quelli salvati o creane uno nuovo;
  • imposta il budget complessivo e la durata;
  • scegli se mostrare la tua inserzione anche su Instagram.


Il gioco è fatto. Semplice sarebbe lecito pensare.

Perché non è questo il metodo migliore per fare Advertising su Facebook?

Perché generalmente questo tipo di azioni è meglio svolgerle dal Business Manager, una piattaforma più complessa che racchiude tutti gli strumenti utili per un advertiser che gli consentano di avvicinarsi quanto più possibile agli obiettivi di business concordati con l’azienda stessa.

Molto spesso chi preme su “Metti in evidenza” e decide di stanziare anche budget consistenti non ha idea di cosa si celi dietro al Business Manager e all’importanza che questo strumento ricopre per il mondo advertising.
Se fare Advertising su Facebook significa presidiare un canale digitale con messaggi che possano convincere quante più persone in target a cliccare su un’inserzione e a raggiungere l’obiettivo di marketing più vicino all’obiettivo di business richiesto dall’azienda, è altrettanto vero come un’analisi costante dei risultati possa consentire miglioramenti in termini di efficacia e minori esborsi monetari a parità di risultati desiderati.

L’analisi costante delle campagne, infatti, ci restituisce delle metriche chiave che dal semplice “Metti in evidenza” non è possibile considerare. Si pensi al CPM, alle campagne “Always on” e a quella serie di metriche fondamentali per capire nel funnel di acquisizione cos’è che stiamo sbagliando o, perlomeno, che potremmo correggere in prima istanza.

Perché abbiamo parlato di quante più persone “in target”?
Facebook è una piattaforma con un numero spropositato di inserzioni attive, di nuove inserzioni che vengono realizzate ogni giorno e si tratta di una piattaforma pubblicitaria che funziona ad aste.
Gli utenti, potenzialmente, potrebbero essere sommersi da sole pubblicità dalla mattina alla sera, ma questo costerebbe a Facebook la nomea di “luogo digitale in cui trascorrere del tempo piacevole”, spingendo gli utenti stessi ad abbandonare la piattaforma. Tutto ciò che Facebook vuole evitare per i motivi citati poco sopra.

Il sistema ad aste di Facebook

Ecco come la ricerca della miglior inserzione dal punto di vista creativito e di coinvolgimento consenta a Facebook di determinare quale inserzione presente in una determinata campagna verrà fatta vedere alla persona più propensa a compiere l’azione richiesta dall’advertiser.

Stiamo chiedendo alla piattaforma di massimizzare le “Visualizzazioni del Video” per un contenuto video che abbiamo pubblicato sulla nostra pagina? Facebook cercherà di mostrare il più possibile quel video alle persone che tendono a restare maggiormente coinvolte su contenuti di quel tipo e che siano il più possibili interessate al contentuo del video stesso, al messaggio veicolato.

Ecco un’anteprima di quanti e quali dati è possibile analizzare se si creasse una campagna da Business Manager di Facebook:

Le cosiddette campagne “Always on”, infatti, permettono agli advertiser di creare e mantenere attive nel tempo delle campagne che (potenzialmente) non hanno fine. Scelto l’obiettivo, il pubblico a cui indirizzare la campagna e il budget giornaliero, questa campagna resterà attiva finché non avremmo soddisfatto a pieno l’obiettivo marketing prefissato.

Le campagne, quindi, non saranno dipendenti dal post creato sulla pagina e, di conseguenza, la loro durata non sarà strettamente vincolata alla naturale durata di un post, nascendo e morendo con la fine del post stesso.
Si tratta invece di una campagna che costantemente cercherà di mostrare il proprio messaggio a persone sempre più in target, restituendoci valori quali la Frequenza, il CPM (cfr. Costo per Mille Impression = l’importo speso in totale per una campagna pubblicitaria diviso per le impression, il tutto moltiplicato per 1000) e il numero di acquisti, metriche che da un semplice “Metti in evidenza” non è possibile osservare.

Nella schermata poco sopra è possibile notare come, chiedendo alla piattaforma di “far vedere l’inserzione a quelle persone più inclini ad aggiungere al carrello un prodotto”, gli insight generati da Business Manager siano molto interessanti: c’è il numero delle aggiunte al carrello per l’intervallo di tempo scelto, ma anche il numero di persone presenti nel funnel di acquisizione.

I funnel di acquisizione

Rispetto allo specchietto evidenziato nell’immagine poco sopra, possiamo osservare i valori nelle diverse fasi del funnel di acquisizione, illustrato di seguito:


Com’è possibile evincere dal grafico, emergono numeri significativamente importanti per chi sta investendo del budget per l’Advertising.
Chi fa advertising, oggi, non può permettersi di “sprecare budget” in azioni svolte in autonomia che si limitano al “Mettere in evidenza un post”, perché molto probabilmente si accontenterà di vanity metrics che a poco serviranno per raggiungere gli obiettivi di business.

Credo fermamente che il facilitare sempre più le possibilità di fare advertising anche a chi di advertising ne capisce poco, da una parte costituisce per la piattaforma una formula di introiti pazzesca, dall’altra permette a piccoli o medi imprenditori di raggiungere quella consapevolezza che li porti a pensare “Ce la faccio anche da solo, in semplici 3 step creo le mie inserzioni”.

Ed ecco che con uno smartphone e una pagina aziendale tutti possono dire di saper fare advertising.

Funziona? Per la percezione che l’imprenditore in questione può avere, chissà, forse anche sì.
Ma non crediamo che un tema così importante e così inflazionato come la crescita dei follower su Instagram debba essere trattato o, ancor meglio, ridotto, a un semplice pulsante blu.

Parliamone insieme, se ti va mandami un direct su Instagram @stelochiatto.

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Pierfilippo ArianoPierfilippo Ariano19 Aprile 2019